Libri e Vino: Sorì San Lorenzo, la nascita di un grande vino di Edward Steinberg
Sorì San Lorenzo: la nascita di un grande vino è un libro uscito qualche anno fa. Parla di Gaja ma anche della cultura contadina. Della ricerca di eccellenza e della rinascita vitivinicola italiana.
Una lettura affascinante per gli appassionati, che parla di un vino specifico: il Barbaresco di Angelo Gaja. Racconta di un particolare vigneto: il Sorì San Lorenzo.
Narra di uva e di famiglie, di tradizione e innovazione. Di amore per la qualità e di saggezza contadina.
Parla della fatica e della passione che guida alla creazione di un vino di prestigio.
Racconta dei segreti di un vitigno profondamente radicato alla sua terra.
Perché vino e terreno sono inscindibili.
Proprio in questo rapporto il vino si trasforma in poesia.
Un libro particolare.
Angelo Gaja in persona mi ha regalato questo libro. Era una mistica giornata d’Ottobre nella sua cantina in Barbaresco.
Per lungo tempo ho aspettato prima di leggerlo. Quasi un trofeo che una lettura, mi aspettavo una semplice biografia autocelebrativa.
Invece questo libro, sebbene scritto in uno stile a me poco congeniale, mi ha affascinato.
La terra della Langa, il carattere delle persone che abitano e lavorano quei territori. L’anima del Nebbiolo, il sodalizio e lotta fra uomo e natura.
Una lettura che, mi ha svelato il dietro le quinte della ricerca di un obiettivo.
Dell’impegno e della ricerca che il progetto di vino di qualità richiedono.
Quindi si tratta di una biografia?
Si tratta della biografia di un vino specifico, che proviene da un cru specifico.
Il vino di cui si parla è il Barbaresco, Un’eccellenza piemontese in tutto il mondo.
Sorì è, invece, il termine dialettale con il quale, nelle Langhe, si appella un vigneto esposto a sud.
San Lorenzo, è il nome di questo cru, dal santo che sembra proteggere questo vigneto diverso da tutti.
Con i suoi filari disposti orizzontalmente sul pendio della collina.
Sorì San Lorenzo parla quindi della genesi di un grande vino.
La racconta l’autore, Edward Steinberg, professore all’Università di Harvard. Grande estimatore dell’Italia e del vino di qualità. Avrebbe potuto raccontare la nascita di un grande vino francese, ma ha scelto, l’Italia, il Piemonte e Angelo Gaja.
Per conoscere di più su questo libro, leggi la mia recensione su Cronache Lettarie.
Un grande vino non nasce per miracolo.
Un grande vino come il Sorì San Lorenzo nasce solo se si ricerca l’eccellenza ad ogni costo.
Partendo, dunque, dal progetto del vino che si vuole ottenere, dalla scelta del suolo alla selezione dei portainnesti. Dalle tecniche di produzione alle pratiche di cantina. Dall’analisi chimica del cru e delle maturazioni. Ogni singola scelta contribuisce a far si che le caratteristiche varietali dell’uva si esprimano in pieno.
Dalle tecniche di allevamento alla vendemmia, dalla selezione del legno per l’elevazione alla forma delle bottiglie. Finanche alla scelta del sughero per il tappo, tutto gioca un ruolo fondamentale.
Ma nessun elemento umano potrà, comunque, contribuire all’eccellenza quanto l’azione di Madre Natura. Ciò che rende un’annata fenomenale.
Che cos’è quindi il Barbaresco?
Il Barbaresco, è un vino storico della regione Piemonte, che si produce con Nebbiolo in purezza.
La Varietà zonale rende possibile distinguere il Barbaresco in ottanta espressioni diverse. Riconosciute e riportate in etichetta come menzioni speciali. Si tratta di una DOCG prodotta nella versione Classica e Riserva.
Per diventare Barbaresco DOCG il vino deve essere invecchiato per almeno 26 mesi, di cui 9 in botte. La denominazione Superiore, richiede ben 50 mesi di affinamento di cui almeno 9 in legno.
Cosa ci si deve aspettare da un bicchiere?
La struttura espressiva di questo vino è affascinante. Il colore in gioventù è rosso granato con riflessi rubino. Un vino che predilige i lunghi affinamenti. Questi gli conferiscono una variazione di colore, dal granato all’aranciato.
Le note olfattive sono complesse, ampie, persistenti. Rosa, violetta, geranio, fiori rossi, ciliegia, mela, pesca disidratata, vaniglia e cannella. I sentori fruttati e floreali della giovinezza, variano verso calde note speziate con l’affinamento.
Il gusto è insieme potente ed elegante.
In abbinamento con il cibo, il Barbaresco esprime tutto il suo potenziale. Si abbina perfettamente con arrosti, carne alla griglia, brasati. Formaggi stagionati, tartufo, funghi. Zuppe di legumi e primi piatti.
Il Nebbiolo.
Il nebbiolo è un vitigno difficile da coltivare, paragonabile, in questo, solo al Pinot nero.
Deve, per spiegare, essere continuamente domato per ottenere il meglio.
Dà vita a vari tipologie di vino come Barolo, Carema, Nebbiolo d’Alba.
In Valtellina, si chiama Chiavennasca, e restituisce capolavori. Come lo Sfursat Inferno, il Valtellina Superiore, il Vagella, Sassella, Grumello.
In Alto Piemonte, dove si chiama Spanna, da vita al meraviglioso Ghemme.
Insomma, si tratta di un vitigno estremamente connesso al terreno di elezione.
Infatti rende espressioni completamente diverse da zona a zona.
Nella zona delle Langhe, l’area di elezione è compresa fra Barbaresco, Neive e Treiso.
A Barbaresco e Neive il nebbiolo dà vini di grande struttura. Grande corpo e spinta tannica, bilanciati da rotondità. Sentori fruttati e grande eleganza.
Dalle colline di Treiso, le uve restituiscono vini meno strutturati ma di maggiore eleganza.