Il Sangiovese vitigno dalle mille espressioni.
Il Sangiovese è un vitigno dal quale si ottengono migliaia di vini in diverse espressioni. Scopriamo insieme l’uva a bacca nera più coltivata in Italia.
“Non sono un grande amante del Sangiovese, preferisco il Chianti o il Brunello di Montalcino”.
Ho sentito più volte questa assurda affermazione, a tavola con neofiti, se pur appassionati di vino. Spesso perché il vino incute ancora una sorta di timore reverenziale, ma ancor più quando si è in imbarazzo nell’ammettere di ignorare molte cose. Così spesso per camuffare la propria incompetenza, si tirano fuori nomi di etichette, luoghi comuni, o ci si rifugia dietro la bandiera del gusto personale. Perdendo così l’opportunità di conoscere qualcosa di nuovo, di imparare da chi ne sa di più, di esplorare il proprio gusto aprendosi a nuove esperienze sensoriali. Il vino, dunque è sempre scoperta e viaggio. Ingiusto confinarlo nell’ambito del palmares degli skills personali, relegandolo a status symbol. Dopo questa piccola premessa, entriamo nel grande mondo del Sangiovese, il vitigno a bacca rossa più coltivato in Italia.
Il Sangiovese: un vitigno dalle mille espressioni.
Dalla Romagna alla Campania, dalla Toscana alla Sardegna, in purezza o in blend con altri vini. Le diversità nei vini da Sangiovese dipendono dalla zona ma anche dalla molteplicità fenotipica intravarietale.
Ritorniamo dunque alla prima assurda affermazione: è proprio il Sangiovese il vitigno base del Chianti, del Carmignano, del Rosso Conero, e Rosso Piceno. Il vitigno del Morellino di Scansano, del Sangiovese di Romagna e, gran finale, del Brunello di Montalcino. La lista in verità è ancor più lunga. Nella zona dell’Umbria dà vita al Torgiano in blend col canaiolo nero, al Rosso di Montefalco, al Rosso dei Colli Amerini, del Trasimeno e Colli Martani. Nelle Marche, in mix con il Montepulciano d’Abruzzo dà vita al Rosso Conero e Rosso Piceno. In Emilia-Romagna, al Sangiovese di Romagna e Colli di Faenza. In Corsica è noto come Nielluccio.
E ancora volete sostenere che il Sangiovese non vi piace?
Il Sangiovese miete successi internazionali
Solitamente secco, fresco e tannico, il sangiovese è spesso utilizzato per conferire le sue caratteristiche a vini che risulterebbero troppo morbidi e rotondi e privi di vitalità. Ed è infatti nel blend con vitigni complementari, come il Cabernet, che il Sangiovese esplode nelle declinazioni Supertuscan. Realizzando in concreto il sogno e l’intuizione del grande enologo Giacomo Tachis dei vini italiani “alla francese”: i Bordeaux style. Quei vini a taglio bordolese che oggi costituiscono orgoglio e vanto nazionale come il Sassicaia, l’Ornellaia, il Bolgheri e molti altri.
Il successo di questi vini risiede dunque nel felice matrimonio fra la variante del Sangiovese grosso, che è il clone di Sangiovese utilizzato per il Brunello di Montalcino, e il Cabernet Sauvignon. Combinazione in grado di esaltare i sentori classici di violetta, viola mammola, accanto alla prugna. Nella zona del Chianti regalando note di iris giallo.
Il Brunello di Montalcino? è Sangiovese
La variante in purezza del Sangiovese grosso dà vita, nell’enclave di Montalcino a quel vino noto come Brunello di Montalcino. Si tratta di un vino incredibilmente profumato, riccamente speziato, che offre note di tabacco, sottobosco e humus. Sempre il Sangiovese grosso si utilizza nella produzione del Vino Nobile di Montepulciano Nel quale le note fruttate di ciliegia e prugne, virano con l’età verso profumi più intensi e caldi di confettura di prugna, amarena e mora. Arrivando, in lunghi affinamenti, a presentare note di pellame e cuoio.
La storia del sangiovese
Partiamo dal nome, che sembra derivi da “Sangue di Giove”, oppure da “sangiovannese”, entrambi i termini riferiti a zone della Romagna. Oppure “sangiovannina” per la data classica di prematuro germogliamento vicina alla ricorrenza di san Giovanni. Avvolto dunque da leggenda sulla sua origine, sembra acclarato che l’uva fosse nota e coltivata fin dal tempo degli Etruschi. Mentre il vino sangiovese già compare in scritti di fine 1500.
7 parti di sangioveto, di canaiolo, 11 di Malvasia: la ricetta del Chianti di Ricasoli
Il barone Bettino Ricasoli, è passato alla storia come il Barone di Ferro, una delle personalità eminenti sulla scena politica ed economica Italiane di fine Ottocento. Fondatore della casa vinicola che ancora oggi offre premiate espressioni del sangiovese nella zona del chianti, è il responsabile della ricetta del Chianti Classico. Un vino risultante dal mix in proporzioni diverse con altri vitigni come canaiolo, colore, trebbiano e malvasia. In grado di resistere a lunghi viaggi ed invecchiamenti.
Il barone si trovò a favorire le sorti del sangiovese che divenne un vino desiderato anche sui mercati internazionali, allora dominati per lo più dalla Gran Bretagna. Ma dovette fare i conti con problematiche infinite dovute alla diffusione di malattie della vite, come lo ioidio e la fillossera. Malattie che, come sappiamo, distrussero gran parte delle colture di mezza Europa fino alla soluzione dei portainnesti.
Il governo alla toscana
La pratica del governo, che conobbe delatori ed estimatori in una diatriba senza fine. Si tratta di una pratica di cantina, antichissima. Precedente alla codifica dovuta al Ricasoli, in disuso anche se ancora prevista dal disciplinare del Chianti.
Consiste nella vendemmia anticipata di alcuni grappoli di Sangiovese e Canaiolo, lasciati appassire nei fruttai (stanze per l’appassimento) per alcune settimane. Per ottenerne un mosto da aggiungere al mosto di vendemmia alla fine della prima fermentazione. Per consentire ai lieviti in risveglio ai primi caldi della primavera, di prolungare la fermentazione. Conferendo ai vini governati una maggiore rotondità, colore più intenso e profumo.
Dall’abbandono alla gloria.
Nel secondo dopoguerra, l’abbandono delle campagne contribuirà, purtroppo, alla perdita di gran parte di quella saggezza contadina e bagaglio di conoscenze necessari. Si dovrà attendere fino agli anni ’80 affinché nuove generazioni di vignaioli, tornati alla campagna. Dando vita a quel progressivo cambiamento che porterà i vini a base Sangiovese alla loro fama e popolarità nazionale ed internazionale.
Il Sangiovese: un vitigno irruento, da domare.
Il Sangiovese preferisce i terreni collinari poco fertili e ricchi di scheletro. Tuttavia, la grandissima adattabilità del vitigno ne ha reso possibile la diffusione in zone di diversa composizione e longitudine, come ad esempio nella Napa Valley e Sonoma in California. Ma anche in Argentina e Australia.
Si tratta di un vitigno irruento, che deve essere controllato nella sua crescita e sviluppo, adattandolo al terreno ed operando severe potature selettive. Matura tardivamente e non ama affatto l’umidità, è quindi soggetto spesso all’attacco delle muffe.
Il colore del Sangiovese
Se vinificato in purezza, il sangiovese presenta delle caratteristiche distintive e ben riconoscibili. Alla vista è rosso rubino, mediamente trasparente e di corpo medio.
Il profumo del Sangiovese.
Al naso presenta delle note fruttate, di frutti rossi più o meno scure a seconda dell’invecchiamento. In tutti i vini da sangiovese si apprezza una spiccata componente vegetale, spesso balsamica. Profumata di erbe officinali come menta e timo. Che vira con la maturità verso note fungine, di terra e humus. Il Sangiovese, dunque, si affina prevalentemente in botti di legno o barrique. Pertanto, a seconda della tostatura, età del legno, stile del produttore, presenterà degli aromi speziati, vaniglia e liquirizia in primis. Ma anche caffè, cioccolato e aromi tostati.
Il gusto del Sangiovese.
Al palato è caldo e tannico di buon corpo. Più o meno morbido a seconda della maturazione ed elevazione. Persistente.
Il Sangiovese in abbinamento.
Si tratta di un eccezionale vino da abbinamento, che predilige pietanze strutturate e succose. La carne è la morte sua come si dice a Roma. Dunque, via libera a primi piatti al ragù, bistecche e braciole, arrosti e carni di maiale e selvaggina. Attenzione comunque alla componente tannica, spesso viva, soprattutto nei vini giovani. Consigliabile fare attenzione all’abbinamento con cotture alla griglia, dunque, o cibi troppo piccanti. In questi casi meglio scegliere un Sangiovese dove i tannini siano mitigati dall’età o dalla rotondità conferita da altri vitigni in blend.
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